Abbiamo chiesto ai…
Intuizioni sul futuro – 2
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Abbiamo chiesto ai partecipanti al laboratori di filosofia per adulti di condividere…
Democrazia e populismo
Il grande rischio nella crisi del sistema democratico è dato proprio dalla scomparsa del partito, strumento di mediazione e di trasmissione delle attese, delle speranze e delle rivendicazioni di gruppi sociali e di precise categorie di cittadini. Una sorta di antenna estremamente sensibile e attenta, capace di guidare e di…
Il grande rischio nella crisi del sistema democratico è dato proprio dalla scomparsa del partito, strumento di mediazione e di trasmissione delle attese, delle speranze e delle rivendicazioni di gruppi sociali e di precise categorie di cittadini. Una sorta di antenna estremamente sensibile e attenta, capace di guidare e di mettere in grado chi governa di rispondere a quelle richieste e a quelle attese. È evidente che se questi strumenti di mediazione vanno in crisi si crea fra governo e cittadini un vuoto pericoloso e, allora la tendenza è che sia il popolo a salire direttamente sulla scena e a identificarsi in un capo creando le condizioni perché a quel punto gli unici strumenti di…
Il grande rischio nella crisi del sistema democratico è dato proprio dalla scomparsa del partito, strumento di mediazione e di trasmissione delle attese, delle speranze e delle rivendicazioni di gruppi sociali e di precise categorie di cittadini. Una sorta di antenna estremamente sensibile e attenta, capace di guidare e di mettere in grado chi governa di rispondere a quelle richieste e a quelle attese. È evidente che se questi strumenti di mediazione vanno in crisi si crea fra governo e cittadini un vuoto pericoloso e, allora la tendenza è che sia il popolo a salire direttamente sulla scena e a identificarsi in un capo creando le condizioni perché a quel punto gli unici strumenti di mediazione a disposizione siano i media. Con tutti i rischi che conosciamo o possiamo immaginare . Il populismo (è di questo che stiamo parlando) dà l’illusione di un contatto diretto tra il singolo e il capo quando invece la comunicazione è e resta unilaterale, senza dialettica e senza dialogo. Non c’è più mediazione e tutto si svolge attraverso i messaggi che dal capo discendono verso il popolo. In un certo modo si ha l’illusione di vivere una situazione opposta a quella disegnata da Hobbes nel Leviatano, nel quale c’è un unico corpo: quello del sovrano, composto da tanti corpi aggregati per cui lo Stato sovrano, in qualche modo, schiaccia il popolo. Ma è solo un’illusione poiché, in realtà, adesso sembra quasi di essere in una situazione opposta, nella quale sono presenti tanti corpi singoli, ognuno dei quali, però, va per conto suo. E questo è molto pericoloso. Se si frantuma il corpo sociale si mette in crisi la democrazia perché è il demos che si disaggrega. La crisi politica viene però anche dal fatto che malgrado la sparizione, o la trasformazione, delle forze politiche in qualcosa di diverso da quello che abbiamo conosciuto, rimane una sorta di retorica dei partiti che, pur non esistendo più…
I Veda
Giona nel ventre della Balena
Il libro di Giona è il quinto della serie dei dodici profeti minori. Un libro unico nel suo genere, non solo per la sua brevità – è infatti composto di soli 48 versi – ma anche perché, diversamente da altri libri in cui sono riportate le parole dei Profeti, il…
Il libro di Giona è il quinto della serie dei dodici profeti minori. Un libro unico nel suo genere, non solo per la sua brevità – è infatti composto di soli 48 versi – ma anche perché, diversamente da altri libri in cui sono riportate le parole dei Profeti, il libro di Giona è incentrato sul racconto di un’avventura e sulle vicende di un protagonista, quasi come in un romanzo.
Eppure, proprio questa storia, assurta a esempio di linguaggio simbolico e universale, è divenuta il libro della teshuvà – pentimento, ritorno, risposta – per antonomasia tanto da essere letta ogni anno come haftarà (brano profetico) durante la tefillà di Minchà (preghiera pomeridiana) del Giorno di…
Il libro di Giona è il quinto della serie dei dodici profeti minori. Un libro unico nel suo genere, non solo per la sua brevità – è infatti composto di soli 48 versi – ma anche perché, diversamente da altri libri in cui sono riportate le parole dei Profeti, il libro di Giona è incentrato sul racconto di un’avventura e sulle vicende di un protagonista, quasi come in un romanzo.
Eppure, proprio questa storia, assurta a esempio di linguaggio simbolico e universale, è divenuta il libro della teshuvà – pentimento, ritorno, risposta – per antonomasia tanto da essere letta ogni anno come haftarà (brano profetico) durante la tefillà di Minchà (preghiera pomeridiana) del Giorno di Kippur al crepuscolo, nella suggestiva attesa del canto finale della Neilà (preghiera conclusiva).
La storia ha inizio quando l’Eterno ordina a un certo Giona, figlio di Amittai, di recarsi a Ninive, una grande città sul Tigri, la capitale degli assiri, per avvertire gli abitanti di pentirsi se non vogliono che la loro città venga distrutta nel giro di quaranta giorni.
Giona non può fare a meno di ascoltare la voce dell’Eterno, e diviene così un profeta. Egli è dunque un profeta involontario e forse per questo, sebbene sappia che cosa gli è stato chiesto di fare, cerca di sottrarsi al comando del Signore o in un’interpretazione in chiave psicologica cerca di sottrarsi alla voce della sua coscienza.
Si racconta che Giona sia sceso al porto di Giaffa dove è salito su una nave che avrebbe dovuto portarlo a Tarshish, località situata a occidente, ossia in direzione opposta rispetto a Ninive. Ma in mezzo al mare si scatena una tempesta e, mentre i marinai sono agitati e impauriti, Giona scende nel ventre della nave e piomba in un sonno profondo. I marinai, credendo che un dio abbia suscitato la tempesta per punire qualcuno che si trova sulla nave, svegliano Giona, il quale confessa che sta cercando di sfuggire dal comando dell’Eterno e dice loro di prenderlo e di gettarlo in mare per placare i flutti perché è lui stesso la causa della tempesta.
I marinai, dopo…
Federico Manfredini
Giovan Battista Ayroli
Filippo Guicciardi
Alfonso Varano
La sofferenza dei martiri deve avere una particolare ricompensa e per questo motivo l’Apocalissi prevede un periodo di mille anni di incatenamento di Satana, perché possano regnare con Cristo.
Cesare Campori
Giovanni Pascoli in una lastra della FSC
La Fondazione Collegio San Carlo
L’angelo custode che protegge un infante
Filosofia e teatro
Il Sofista da Platone, mise en espace, ERT − Emilia Romagna Teatro Fondazione e Fondazione San Carlo, 30 novembre –…
Tecnica e rivoluzione artistica
La tecnica come forma di conoscenza e come arte di “saper fare” è il tema su cui si è incentrato…