“vorrei che il…

Il mio passaggio segreto – 1
“vorrei che il…
“vorrei che il mio passaggio segreto fosse aperto a tutti”
“il mio…
Lo straniero
Nelle lingue indoeuropee il termine che designa lo straniero contiene contemporaneamente in sé l’intero repertorio delle accezioni semantiche dell’alterità, e cioè il forestiero, l’estraneo, il nemico, ma anche lo strano, lo spaesante; in una parola, tutto ciò che è altro da noi, anche se con noi viene comunque in rapporto.…
Nelle lingue indoeuropee il termine che designa lo straniero contiene contemporaneamente in sé l’intero repertorio delle accezioni semantiche dell’alterità, e cioè il forestiero, l’estraneo, il nemico, ma anche lo strano, lo spaesante; in una parola, tutto ciò che è altro da noi, anche se con noi viene comunque in rapporto. Questa indistinzione di significati risulta con particolare evidenza dai termini che ritroviamo in latino e greco, e che poi ricompaiono, sia pure con variazioni lessicali e semantiche significative, anche in alcune lingue moderne. In latino, per un lungo periodo, straniero si dice hostis. Contrapposto al cittadino, all’in-genuus, a colui che appartiene per nascita, dunque per sangue e cultura, alla comunità originaria di riferimento, il termine…
Nelle lingue indoeuropee il termine che designa lo straniero contiene contemporaneamente in sé l’intero repertorio delle accezioni semantiche dell’alterità, e cioè il forestiero, l’estraneo, il nemico, ma anche lo strano, lo spaesante; in una parola, tutto ciò che è altro da noi, anche se con noi viene comunque in rapporto. Questa indistinzione di significati risulta con particolare evidenza dai termini che ritroviamo in latino e greco, e che poi ricompaiono, sia pure con variazioni lessicali e semantiche significative, anche in alcune lingue moderne. In latino, per un lungo periodo, straniero si dice hostis. Contrapposto al cittadino, all’in-genuus, a colui che appartiene per nascita, dunque per sangue e cultura, alla comunità originaria di riferimento, il termine hostis, che indica lo straniero, concentra in sé tutte le figure dell’alterità, senza tuttavia coincidere affatto – come accadrà invece molto più tardi – con una caratterizzazione “ostile”, senza cioè riferirsi unicamente a chi venga dall’esterno con intenzioni “bellicose”. Dell’originaria polivalenza del termine hostis troviamo un’esplicita testimonianza in un passo del De officiis, nel quale Cicerone ricostruisce il processo storico che ha condotto a sovrapporre al termine hostis quel significato di inimicus, o perduellis (e cioè “nemico pubblico”), che è invece assente nell’accezione primitiva dello straniero-hostis. «Voglio anche osservare – scrive infatti l’autore latino – che chi doveva chiamarsi con vocabolo proprio perduellis era invece chiamato hostis temperando così con la dolcezza della parola la durezza della cosa. Difatti i nostri antenati chiamavano hostis quello che noi oggi chiamiamo peregrinus ».(…) Tanto in greco quanto in latino il convergere in un unico termine, e in un unico concetto, delle figure che compongono l’alterità, implica che lo xenos-hostis, originariamente “straniero”, sia anche – e, inoltre, storicamente diventi – il nemico. Ciò significa che se la riduzione unilaterale dell’hostis a nemico contraddice la polivalenza semantica originaria del termine, per la quale l’hostis è insieme straniero, ospite e nemico, allo stesso modo la cancellazione del carattere potenzialmente ostile…
La Bibbia di Lutero
Il Corano
Secondo un noto ḥadit, riportato già da Abu Dawud al-Ṭayalisi (m. 204/819) e Abd al-Razzaq al-Ṣanʿani (m. 211/827) e circolante sotto varie forme in tutte le principali raccolte canoniche, il Profeta stesso, rivolgendosi alla comunità dei credenti, avrebbe detto: «i migliori fra voi sono coloro che studiano il Corano e…
Secondo un noto ḥadit, riportato già da Abu Dawud al-Ṭayalisi (m. 204/819) e Abd al-Razzaq al-Ṣanʿani (m. 211/827) e circolante sotto varie forme in tutte le principali raccolte canoniche, il Profeta stesso, rivolgendosi alla comunità dei credenti, avrebbe detto: «i migliori fra voi sono coloro che studiano il Corano e lo insegnano». Si tratta di un detto che viene generalmente inserito dai tradizionisti all’interno del libro, o sezione, sui meriti del Corano (Kitab faḍaʾil al-Qurʾan) e che verrà in seguito citato a vario titolo, tanto nei trattati e nelle introduzioni alle scienze coraniche, quanto nei commenti coranici veri e propri. Il detto in questione è riportato, nella maggior parte dei casi, sull’autorità di Uṯman b.…
Secondo un noto ḥadit, riportato già da Abu Dawud al-Ṭayalisi (m. 204/819) e Abd al-Razzaq al-Ṣanʿani (m. 211/827) e circolante sotto varie forme in tutte le principali raccolte canoniche, il Profeta stesso, rivolgendosi alla comunità dei credenti, avrebbe detto: «i migliori fra voi sono coloro che studiano il Corano e lo insegnano». Si tratta di un detto che viene generalmente inserito dai tradizionisti all’interno del libro, o sezione, sui meriti del Corano (Kitab faḍaʾil al-Qurʾan) e che verrà in seguito citato a vario titolo, tanto nei trattati e nelle introduzioni alle scienze coraniche, quanto nei commenti coranici veri e propri. Il detto in questione è riportato, nella maggior parte dei casi, sull’autorità di Uṯman b. Affan che, al di là delle tensioni legate alle ben note vicende politiche che lo hanno riguardato e che avrebbero condotto infine anche al suo assassinio, è descritto da tutti come un uomo che amava profondamente il Corano, tanto che i suoi sforzi per la conservazione e la diffusione di un testo filologicamente e grammaticalmente affidabile sono riconosciuti unanimemente da tutta la tradizione. (…)
Ciò che rende questo ḥadit, per altri versi non dissimile dal materiale di carattere puramente apologetico che circola nel genere dei faḍaʾil al-Qurʾan, di particolare interesse è proprio il fatto che esso metta così esplicitamente in connessione lo studio del Corano e la didattica. Per la tradizione araba, del resto, tanto religiosa, quanto linguistica e grammaticale, il Corano rappresenta certamente il massimo dell’eloquenza: nessun altro testo e nessun altro detto potrebbe in alcun caso eguagliare il Corano, né dal punto di vista dell’eloquenza e dell’eleganza formale, né dal punto di vista della potenza espressiva o della coerenza semantica.
L’utilità e la pertinenza dello studio del Corano nella didattica dell’arabo sono rivendicate esplicitamente dal famoso linguista ed esegeta iracheno contemporaneo al-Samarraʾi secondo il quale non vi sarebbe alcun motivo di mettere in dubbio l’effettiva primazia del Corano nel campo della lingua araba: il suo stile rappresenterebbe, infatti, il massimo della sublimità e dell’elevatezza, e la sua lingua sarebbe di fatto la più sublime e la più elevata che si possa trovare. Da…

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La nascita della metropoli industriale rappresenta una provocazione teorica di tale portata da richiedere il ricorso a un nuovo paradigma teorico e storico.

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Ieri sera, per l’ottava lezione dell’Università Popolare, il prof. Dario Carraroli ha tenuto la sua seconda lezione sugli animali domestici…
Ieri sera, per l’ottava lezione dell’Università Popolare, il prof. Dario Carraroli ha tenuto la sua seconda lezione sugli animali domestici nella letteratura soffermandosi, questa volta, sul gatto.
L’oratore ha diviso la conferenza in tre parti. Nella prima ha considerato il gatto come un animale pauroso, malefico, compagno di streghe, e questa credenza era generale nel Medio Evo. Nella seconda l’ha considerato sotto l’aspetto burlesco, raccontando dei poeti che volevano ad ogni costo trovare materia di riso e spesso narravano i tormenti e i patimenti inflitti ai gatti, scrivendo poesie dalle quali traspare una certa crudeltà, frutto certamente dei costumi grossolani e barbari di quel tempo.
Nella terza parte considerava il gatto sotto un benigno aspetto, facendo osservare che un nuovo…
Ieri sera, per l’ottava lezione dell’Università Popolare, il prof. Dario Carraroli ha tenuto la sua seconda lezione sugli animali domestici nella letteratura soffermandosi, questa volta, sul gatto.
L’oratore ha diviso la conferenza in tre parti. Nella prima ha considerato il gatto come un animale pauroso, malefico, compagno di streghe, e questa credenza era generale nel Medio Evo. Nella seconda l’ha considerato sotto l’aspetto burlesco, raccontando dei poeti che volevano ad ogni costo trovare materia di riso e spesso narravano i tormenti e i patimenti inflitti ai gatti, scrivendo poesie dalle quali traspare una certa crudeltà, frutto certamente dei costumi grossolani e barbari di quel tempo.
Nella terza parte considerava il gatto sotto un benigno aspetto, facendo osservare che un nuovo sistema di filosofare dava all’animale una vita superiore, cercando di penetrare nel cervello dell’animale stesso e conoscere lo svolgersi dei suoi pensieri. In questo periodo si ebbero lavori di genio e il gatto ottenne l’onore di ispirare al Baudelaire un vero capolavoro in cui si fondono pensieri profondi e cose gentili.
Il chiarissimo conferenziere alla fine del suo dire raccoglieva vivissimi applausi dal pubblico entusiasmato: il ragioniere del Collegio San Carlo, che come sempre ha ospitato la conferenza nella sua Sala Grande, ha sottolineato in particolare per la conferenza di ieri sera che il professore ha trovato la giusta chiave di comunicazione, unendo l’utilità della formazione alla piacevolezza dell’argomento…

Piccole ragioni
“Perché?” è una di quelle domande che da sempre i più piccoli pongono con insistenza agli adulti che li circondano quando non sono soddisfatti delle loro risposte. Da lì, da…
