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Modernità e rivoluzione
Cartesio, Galileo, Hobbes, Locke – i principali artefici della modernità come critica – hanno istituito (per vie diverse, ma non opposte in quanto, come ha mostrato Husserl, tutti condividono il dualismo soggetto-oggetto) un sistema di pensiero fortemente polemico contro la tradizione (il mondo classico, o l’aristotelismo, o il cattolicesimo, criticati…
Cartesio, Galileo, Hobbes, Locke – i principali artefici della modernità come critica – hanno istituito (per vie diverse, ma non opposte in quanto, come ha mostrato Husserl, tutti condividono il dualismo soggetto-oggetto) un sistema di pensiero fortemente polemico contro la tradizione (il mondo classico, o l’aristotelismo, o il cattolicesimo, criticati in quanto autoritari e dogmatici), orientato ad affermare la capacità della ragione di porre l’oggetto come esterno al soggetto (il mondo) proprio con la finalità di riportarlo all’interno di coordinate grazie alle quali il soggetto può operare la confutazione delle forme erronee del pensiero e la ridislocazione delle questioni in termini di corretta concettualità. Questa critica razionalistica è propriamente un momento, una via e una…
Cartesio, Galileo, Hobbes, Locke – i principali artefici della modernità come critica – hanno istituito (per vie diverse, ma non opposte in quanto, come ha mostrato Husserl, tutti condividono il dualismo soggetto-oggetto) un sistema di pensiero fortemente polemico contro la tradizione (il mondo classico, o l’aristotelismo, o il cattolicesimo, criticati in quanto autoritari e dogmatici), orientato ad affermare la capacità della ragione di porre l’oggetto come esterno al soggetto (il mondo) proprio con la finalità di riportarlo all’interno di coordinate grazie alle quali il soggetto può operare la confutazione delle forme erronee del pensiero e la ridislocazione delle questioni in termini di corretta concettualità. Questa critica razionalistica è propriamente un momento, una via e una teoria, ed esprime la signoria del soggetto che, pur facendo parte, come motore, del sistema della conoscenza, si pone come giudice superiore ma non esterno, e divide e discrimina il vero dal falso con una norma razionale.
Complessivamente, nella forma razionalistica della critica il paradigma (cioè la ragione normativa) è una mediazione immediata e rigida (sia negli assi cartesiani sia nelle distinzioni categoriali di Kant), che ha come obiettivo la verità in quanto certezza ed esattezza. E ciò vale in due delle imprese principali del Moderno: la scienza e lo Stato. La critica, qui, dice la verità al sapere e al potere, mettendone in questione le forme inadeguate. La filosofia si candida ad agire sulla prassi: è una teoria che, attraverso la mediazione giuridica, non può non essere prassi, e tendere a produrre ordine politico razionale. È questa la critica che inerisce, in linea di principio, a un’opinione pubblica rischiarata, e che innerva una sfera pubblica razionale, nelle sue diverse articolazioni politiche e sociali.
(da C. Galli, Le forme della critica. Saggi di filosofia politica, Bologna, Il Mulino, 2020, pp. 23 e 25)*
Dèi, uomini e animali nell’antica Mesopotamia
Dèi, uomini e animali nell’antica Mesopotamia
Il testo letterario più famoso dell’antica Mesopotamia, l’Epopea di Gilgameš, è anche la più ampia riflessione sulla natura umana e sulla posizione dell’uomo nel cosmo, dove sembra occupare una posizione intermedia tra il mondo divino e il mondo naturale, o ferino. In quanto figlio di una dea e del re…
Il testo letterario più famoso dell’antica Mesopotamia, l’Epopea di Gilgameš, è anche la più ampia riflessione sulla natura umana e sulla posizione dell’uomo nel cosmo, dove sembra occupare una posizione intermedia tra il mondo divino e il mondo naturale, o ferino. In quanto figlio di una dea e del re di Uruk, Gilgameš rappresenta chiaramente il legame tra l’uomo e il mondo divino che, nell’ideologia dell’antica Mesopotamia, è il fondamento della regalità, un’istituzione che proviene direttamente dal cielo. Gilgameš è dunque il risultato di una miscela delicata, di un’alchimia in grado di unire dio e l’uomo. Inoltre, la regalità possiede una complessa, seppur variabile, relazione simbolica con il mondo animale, il quale dispensa esempi delle…
Il testo letterario più famoso dell’antica Mesopotamia, l’Epopea di Gilgameš, è anche la più ampia riflessione sulla natura umana e sulla posizione dell’uomo nel cosmo, dove sembra occupare una posizione intermedia tra il mondo divino e il mondo naturale, o ferino. In quanto figlio di una dea e del re di Uruk, Gilgameš rappresenta chiaramente il legame tra l’uomo e il mondo divino che, nell’ideologia dell’antica Mesopotamia, è il fondamento della regalità, un’istituzione che proviene direttamente dal cielo. Gilgameš è dunque il risultato di una miscela delicata, di un’alchimia in grado di unire dio e l’uomo. Inoltre, la regalità possiede una complessa, seppur variabile, relazione simbolica con il mondo animale, il quale dispensa esempi delle virtù essenziali al potere regale, in particolare la forza rappresentata dal leone e dal toro. Questi animali erano spesso menzionati nei testi e nei ritratti presenti negli artefatti che descrivono o rimandano al re e al suo potere. A loro volta, gli animali hanno una relazione speciale con gli dèi, ai quali appartengono e che accompagnano o simbolizzano, al punto che il confine tra dèi e animali è indistinto e diverse creature ibride popolavano l’immaginario mesopotamico.
Nell’Epopea di Gilgameš questi temi sono affrontati in relazione alla questione principale in gioco: il destino mortale dell’uomo. La mortalità distingue anche gli uomini più straordinari dagli dèi ed è una condizione condivisa con gli animali, sebbene con un grado diverso di consapevolezza dovuto alla coscienza individuale e al riconoscimento sociale di questo fatto fondamentale. La storia di Gilgameš – così come è conservata nella sua versione più tarda – è divisa in due parti: la prima narra dell’incontro di Gilgameš con Enkidu – l’uomo selvaggio che in origine viveva con gli animali della steppa – e delle loro successive avventure; la seconda, dopo la morte di Enkidu, racconta il viaggio solitario di Gilgameš per raggiungere Uta-napišti, l’unico uomo immortale, dal quale ottenere il segreto dell’immortalità.
Quando gli dèi decidono di creare Enkidu, desiderano controbilanciare il carattere eccessivamente esuberante di Gilgameš, dovuto alla sua nascita particolare e alla sua posizione sociale, con una creatura che assomma caratteristiche umane e…

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Non il ventre è insaziabile, come dicono i più, ma la falsa opinione che a riempire il ventre non ci sia limite.

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Filosofia e teatro
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Un incontro da Nobel
Si è prolungato a lungo per rispondere alle curiosità degli studenti l’incontro con Alberto Gatto, ricercatore al Politecnico di Milano…
Si è prolungato a lungo per rispondere alle curiosità degli studenti l’incontro con Alberto Gatto, ricercatore al Politecnico di Milano presso il dipartimento di Elettronica, informazione e bioingegneria, membro del gruppo di lavoro che ha dimostrato l’esistenza delle onde gravitazionali, ottenendo il Nobel 2017 per la fisica.
In una lezione chiara e appassionata, Alberto Gatto ha raccontato ai collegiali della Fondazione San Carlo “Perché Einstein aveva ragione (ma dimostrarlo è stato difficile)”. La sua testimonianza sulla scoperta delle onde gravitazionali, sulla bellezza della ricerca scientifica e sull’importanza di sbagliare è stata di stimolo e di ispirazione per gli studenti.
Nel racconto di Gatto, “il 14 settembre 2015 alle ore 11.51, per la prima volta nella storia, un team di ricerca…
Si è prolungato a lungo per rispondere alle curiosità degli studenti l’incontro con Alberto Gatto, ricercatore al Politecnico di Milano presso il dipartimento di Elettronica, informazione e bioingegneria, membro del gruppo di lavoro che ha dimostrato l’esistenza delle onde gravitazionali, ottenendo il Nobel 2017 per la fisica.
In una lezione chiara e appassionata, Alberto Gatto ha raccontato ai collegiali della Fondazione San Carlo “Perché Einstein aveva ragione (ma dimostrarlo è stato difficile)”. La sua testimonianza sulla scoperta delle onde gravitazionali, sulla bellezza della ricerca scientifica e sull’importanza di sbagliare è stata di stimolo e di ispirazione per gli studenti.
Nel racconto di Gatto, “il 14 settembre 2015 alle ore 11.51, per la prima volta nella storia, un team di ricerca è riuscito a captare un’onda gravitazionale, dopo almeno cent’anni di ricerche. È come se, quel giorno, avessimo iniziato a sentire: fino a lì avevamo condotto le nostre ricerche come se avessimo avuto un solo senso, quello della vista. In quel momento era come se, per la prima volta, nella ricerca delle origini dell’Universo avessimo acquisito l’udito”.
L’incontro è stato condotto dal professor Alberto Quartarone, docente all’Università Luigi Bocconi di Milano e autore televisivo, titolare di un corso di comunicazione e personal branding nell’ambito del progetto formativo del Collegio.

Con la coda dell’occhio
