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Il mio passaggio segreto – 2
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““fino alle camerata partendo dai corridoi, è illuminato da candele è pieno…
La musica e il potere
Appuntamento in collaborazione con Amici della musica di Modena
La musica d’arte, fino all’avvento della rivoluzione beethoveniana, è sempre stata il simbolo sonoro del potere. Di un potere (civile, religioso, militare, economico) o di più poteri intarsiati tra loro. Nel IX secolo, ad esempio, in piena epoca carolingia, il…
Appuntamento in collaborazione con Amici della musica di Modena
La musica d’arte, fino all’avvento della rivoluzione beethoveniana, è sempre stata il simbolo sonoro del potere. Di un potere (civile, religioso, militare, economico) o di più poteri intarsiati tra loro. Nel IX secolo, ad esempio, in piena epoca carolingia, il canto cristiano si affida alla scrittura e diventa lo strumento principale dell’unificazione politica del Sacro Romano Impero. All’epoca dei trobadours, nell’Occitania dell’anno Mille, la poesia per musica è invece la voce del castello, ossia del centro di governo assoluto del territorio. Nel Quattrocento, la “cappella alta”, istituita da tutte le signorie dominanti, è lo stendardo sonoro che il principe fa sventolare all’esterno del palazzo, per…
Appuntamento in collaborazione con Amici della musica di Modena
La musica d’arte, fino all’avvento della rivoluzione beethoveniana, è sempre stata il simbolo sonoro del potere. Di un potere (civile, religioso, militare, economico) o di più poteri intarsiati tra loro. Nel IX secolo, ad esempio, in piena epoca carolingia, il canto cristiano si affida alla scrittura e diventa lo strumento principale dell’unificazione politica del Sacro Romano Impero. All’epoca dei trobadours, nell’Occitania dell’anno Mille, la poesia per musica è invece la voce del castello, ossia del centro di governo assoluto del territorio. Nel Quattrocento, la “cappella alta”, istituita da tutte le signorie dominanti, è lo stendardo sonoro che il principe fa sventolare all’esterno del palazzo, per mostrare tutto il suo potere. Un secolo più tardi le quattro cappelle basilicari istituite dalla Chiesa di Roma, ma anche il leggendario Concerto Palatino della Basilica di S. Petronio, a Bologna, sono la misura dell’onnipresenza del potere religioso che penetra in tutti i gangli della vita civile. E gli esempi possono continuare: la prima opera per musica della storia occidentale, ossia l’Euridice di Jacopo Peri, eseguita nel 1600 in occasione del matrimonio tra Enrico IV e Maria de’ Medici, è la dimostrazione del potere esercitato dalla finanza fiorentina sulle politiche del re di Francia. Mentre l’apertura del primo teatro d’opera a pagamento, a Venezia, nel 1637, è la conseguenza del nuovo potere economico acquisito dalla borghesia commerciale veneziana. Rari, rarissimi sono i casi in cui la musica “colta”, almeno fino all’inizio dell’Ottocento, assume un ruolo antagonista rispetto al potere. Un esempio su tutti è rappresentato dal Roman de Fauvel, un poema cavalleresco musicato da Philippe de Vitry all’inizio del Trecento, che è la prima forma di satira esercitata contro un sovrano: Filippo IV il Bello viene accusato di spremere la nobiltà francese per nutrire le finanze dello Stato. Naturalmente tutto cambia quando in epoca moderna i tre esponenti più illustri del classicismo viennese, Haydn, Mozart…
Sutra del Loto
I libri di Orfeo
In una realtà religiosa come quella greca, priva di canone, l’orfismo in quanto stile di vita divenne pervasivo proponendo modelli, ma senza imporsi. In questo modo l’astensione dalle carni o piuttosto la scelta vegetariana lo qualificarono come uno stile in opposizione con il tradizionale regime sacrificale, che culminava nel consumo…
In una realtà religiosa come quella greca, priva di canone, l’orfismo in quanto stile di vita divenne pervasivo proponendo modelli, ma senza imporsi. In questo modo l’astensione dalle carni o piuttosto la scelta vegetariana lo qualificarono come uno stile in opposizione con il tradizionale regime sacrificale, che culminava nel consumo di carne. Nondimeno l’orfismo non fu mai una «religione» e tanto meno una «religione esclusivista» decisa a imporsi sulle altre. Contrariamente alla tradizione esiodea, che ignora forse deliberatamente un’antropogonia, e diversamente da Pindaro, per il quale l’«unica madre» da cui dèi e uomini traggono il respiro è soltanto la lontana matrice per mezzo della quale viene giustificata la grandezza della mente umana (mentre per il…
In una realtà religiosa come quella greca, priva di canone, l’orfismo in quanto stile di vita divenne pervasivo proponendo modelli, ma senza imporsi. In questo modo l’astensione dalle carni o piuttosto la scelta vegetariana lo qualificarono come uno stile in opposizione con il tradizionale regime sacrificale, che culminava nel consumo di carne. Nondimeno l’orfismo non fu mai una «religione» e tanto meno una «religione esclusivista» decisa a imporsi sulle altre. Contrariamente alla tradizione esiodea, che ignora forse deliberatamente un’antropogonia, e diversamente da Pindaro, per il quale l’«unica madre» da cui dèi e uomini traggono il respiro è soltanto la lontana matrice per mezzo della quale viene giustificata la grandezza della mente umana (mentre per il resto il poeta sconsiglia ogni tentativo dell’uomo di trasformarsi in dio), l’orfismo afferma un’origine divina dell’uomo.
Attraverso questa origine «divina», che può permettere un rapporto non mediato con la divinità, l’orfismo ha rappresentato per la civiltà greca l’evasione dal mondano verso l’ultramondano e ha trovato nel dionisismo e nella possessione dionisiaca uno strumento efficace, finendo per sovrapporglisi in epoca postclassica. Sostenuta da una spinta escatologica, in parte anche soteriologica, questa evasione si realizzava per mezzo di purificazioni e di riti iniziatici; attraverso cioè uno schema cultuale analogo alle cerimonie rituali misteriche, su cui soprattutto l’orfismo pare essersi innestato e la cui introduzione era tradizionalmente attribuita a Orfeo. Se l’orfismo non può essere propriamente detto un culto di mistero, interferì con quelli per produrre il suo tipico orientamento, opposto all’ideologia dominante delle città greche, e per dare vita alla sopravvalutazione dell’eschaton che tanto spazio ebbe a partire dall’età alessandrina.
A differenza degli altri culti greci, l’orfismo si appellava a un fondatore, Orfeo, annoverato tra i theologoi, insieme a Omero, Esiodo e Museo, nel quale si fondevano insieme l’immagine dell’eroe e del poeta e nello stesso tempo fu l’unica espressione religiosa dell’antichità greca a fondarsi sul libro o più esattamente sui libri attribuiti a Orfeo, che diventavano una vera e propria forma di concentrazione del sapere in cui si condensavano e fissavano la dottrina e la pratica rituale. Ne scaturiva dunque un’opposizione al regime religioso della città,…
Giuseppe Campori
Giancarlo Dinegro
Carlo Forciroli
Alfonso Varano
Gli Ottomani furono tra i più diretti beneficiari della prima era dell’espansione europea oltremare e alla fine furono vittima di una sola cosa: il loro stesso successo.
Giovanni Campi
Laboratorio di biologia del Collegio San Carlo (lastra FSC)
FilosoFare
Cupola
Filosofia e teatro
La Repubblica da Platone, mise en espace, ERT − Emilia Romagna Teatro Fondazione e Fondazione San Carlo, 7– 9 febbraio…
La guerra dei bambini
Tornano anche quest’anno i workshop organizzati dalla Fondazione San Carlo, per l’occasione gli studenti della classe 5 C del corso…
Commemorazione di Ciro Menotti e Vincenzo Borelli – corteo da Piazza Roma ai resti delle forche
Nella giornata di ieri, 26 maggio, in occasione dell’83° anniversario della morte di Ciro Menotti e di Vincenzo Borelli, la…
Nella giornata di ieri, 26 maggio, in occasione dell’83° anniversario della morte di Ciro Menotti e di Vincenzo Borelli, la cittadinanza ha reso un tributo di riconoscenza ai due patrioti con un pellegrinaggio al quale hanno partecipato le autorità accanto ad associazioni, scuole e un notevole concorso di popolo. Il corteo, promosso dalla Gazzetta di Modena e formatosi in piazza Roma alle ore 16, si è disposto a quadrato intorno al monumento al Menotti posto davanti al Palazzo Ducale. I pompieri hanno collocato ai suoi piedi una grande corona offerta dal Comune, recante i colori municipali, e si è cantato l’inno di Mameli.
Il corteo si è mosso in direzione della casa del patriota, poi lungo via Università, via…
Nella giornata di ieri, 26 maggio, in occasione dell’83° anniversario della morte di Ciro Menotti e di Vincenzo Borelli, la cittadinanza ha reso un tributo di riconoscenza ai due patrioti con un pellegrinaggio al quale hanno partecipato le autorità accanto ad associazioni, scuole e un notevole concorso di popolo. Il corteo, promosso dalla Gazzetta di Modena e formatosi in piazza Roma alle ore 16, si è disposto a quadrato intorno al monumento al Menotti posto davanti al Palazzo Ducale. I pompieri hanno collocato ai suoi piedi una grande corona offerta dal Comune, recante i colori municipali, e si è cantato l’inno di Mameli.
Il corteo si è mosso in direzione della casa del patriota, poi lungo via Università, via del Castellaro, via Scudari per poi entrare in via Emilia e proseguire verso S. Agostino, giungendo infine agli spalti della Cittadella dove il direttore della Gazzetta, il sindaco Pier Luigi San Donnino e il deputato Ottorino Nava hanno tenuto un discorso alla popolazione e hanno poi invitato Giovanni Borelli, discendente di Vincenzo, a prendere la parola per concludere la commemorazione mentre le autorità e la popolazione lasciavano numerosissimi omaggi floreali accanto ai resti delle forche dei due patrioti.
In vista dell’anniversario sono giunte in redazione numerose lettere di concittadini e lettori che ci chiedono di ricordare le vicende legate alla riscoperta di questi cimeli: in risposta alle richieste ne tracciamo…